Chi paga i debiti del condominio?

Con la sentenza n. 12715 del 14 maggio 2019, la terza sezione civile della Cassazione ha specificato che nel caso in cui l’amministratore non paghi i fornitori, i condomini rischiano non solo il pignoramento dei propri beni, ma anche della quota di spese comuni dovuta al condominio sulla base dei riparti approvati dall’assemblea.
Per il recupero di quanto dovuto, dunque, i creditori del condominio hanno la possibilità di intraprendere una nuova strada nel caso in cui il conto corrente condominiale non sia capiente. Cambia quindi qualcosa rispetto a quanto previsto dalla riforma del condominio del 2012.
Nello specifico, con la riforma del condominio, da un lato il legislatore ha obbligato l’amministratore a fornire ai creditori che lo richiedano i dati personali dei condomini in mora nel versamento delle spese condominiali, dall’altro ha previsto che il credito vada recuperato in primis nei confronti di questi ultimi e solo in via subordinata verso tutti gli altri comproprietari.
Sulla base di quanto previsto dall’articolo 63 disp. att. c.c., chi vanta un credito nei confronti della compagine condominiale deve in primo luogo ottenere un titolo esecutivo nei confronti del condominio, in persona dell’amministratore pro tempore, ricevere poi da quest’ultimo i dati personali dei morosi, in modo da agire esecutivamente nei loro confronti. Solo nel caso in cui queste azioni si rivelino in tutto o in parte infruttuose, si potrà agire esecutivamente – e sempre pro quota – nei confronti dei condomini non morosi, previa notifica anche a questi ultimi del titolo e del precetto. Una procedura lunga e complicata, tanto che in questi anni numerosi tribunali hanno ammesso la possibilità di pignorare il conto corrente condominiale.
Ma vediamo il caso che ha dato adito alla sentenza n. 12715/2019. Un fornitore del condominio ha agito in via esecutiva nei confronti di quest’ultimo, nella persona del suo amministratore pro tempore, procedendo al pignoramento presso terzi dei crediti vantati da quest’ultimo nei confronti dei singoli condomini sulla base del riparto del preventivo approvato dall’assemblea. Il condominio e uno dei condomini terzi pignorati, che era debitore del primo per le spese deliberate per la gestione dei beni e dei servizi comuni, hanno proposto opposizione all’esecuzione. In primo grado, il tribunale ha ritenuto infondata l’azione del condominio e inammissibile quella del singolo condomino. La decisione è stata confermata in appello ed entrambi gli opponenti hanno proposto ricorso in Cassazione. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Suprema corte, che però ha ritenuto di esaminare il merito della questione dedotta in giudizio, in considerazione della particolare importanza della stessa.
La terza sezione civile della Cassazione ha quindi stabilito che i creditori possano anche espropriare i crediti vantati dal condominio nei confronti dei singoli comproprietari in relazione ai contributi dovuti e non ancora versati. In questo modo, il creditore del condominio può pignorare le quote che devono versare i singoli condomini in base al preventivo approvato dall’assemblea a prescindere dal fatto che gli stessi siano morosi, come invece previsto dall’articolo 63 disp. att. c.c.. Pur non avendo debiti pregressi con il condominio, anche il condomino in regola con i pagamenti è infatti naturalmente debitore dei ratei in scadenza relativi alle spese comuni e, se raggiunto dalla notifica dell’atto di pignoramento presso terzi, sarebbe obbligato a versare dette somme in favore del creditore del condominio invece che sul conto corrente condominiale.
La Suprema corte ha evidenziato come, secondo i principi generali di cui agli artt. 2740 e 2910 c.c., mediante l’espropriazione forzata sia possibile espropriare al debitore tutti i suoi beni, inclusi i crediti. Affinché l’espropriazione dei crediti vantati dal condominio verso i singoli condomini sia legittima è sufficiente che sia configurabile, sul piano sostanziale, un effettivo rapporto obbligatorio tra le parti avente a oggetto il pagamento dei contributi condominiali.
Secondo i giudici è innegabile che tra condominio e singoli condomini sussista un rapporto obbligatorio relativo al pagamento dei contributi necessari alla gestione dei beni e dei servizi comuni, come presupposto dallo stesso articolo 63 disp. att. c.c., il quale consente all’amministratore di ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo contro i condomini sulla base del solo riparto approvato dall’assemblea. Secondo la Suprema corte, quindi, essendo configurabile sul piano sostanziale un credito del condominio nei confronti dei singoli condomini, laddove sussista un titolo esecutivo in favore di un soggetto terzo nei confronti del condominio, detto credito può essere espropriato ai sensi dei richiamati artt. 2740 e 2910 c.c. e la relativa esecuzione non può che svolgersi nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 ss. c.p.c..
Come sottolineato dalla sentenza, nell’ordinamento non si trova una norma che vieti espressamente detta possibilità e non si può ritenere che tale conclusione violi il principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali. Il suddetto principio implica che l’esecuzione contro il singolo condomino non possa avere luogo per l’intero debito del condominio, ma solo nei limiti della sua quota di partecipazione. Laddove l’esecuzione avvenga direttamente contro il condominio, e non contro il singolo condomino, non solo l’esecutato è il condominio, debitore per l’intero, ma l’espropriazione dei beni e diritti del condominio, cioè di beni che, proprio in quanto condominiali, appartengono pro quota a tutti i condomini, finisce addirittura per attuare il richiamato principio di parziarietà.
I giudici di legittimità hanno voluto sottolineare il principio di diritto per cui il creditore del condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso ha facoltà di procedere all’espropriazione di tutti i beni condominiali, inclusi i crediti vantati dal condominio nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti in base a stati di ripartizione approvati dall’assemblea, in tal caso nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi.

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